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sabato 2 aprile 2011

Lo Stoccaggio delle Scorie Nucleari: L'incredulità del mondo scientifico. Le Opinioni di J. K. Mitchell, B. De Vivo, Piero Risoluti e Tullio Regge

Prof. James Kenneth Mitchell, Membro della Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti:


“Procedere con lo sviluppo del sito prima di realizzare uno studio profondo e dettagliato della stratigrafia, dell’idrologia, delle proprietà dei materiali, delle interazioni a lungo termine e del comportamento del sistema rifiuto-terreno, è del tutto privo di buon senso.”Mitchell sostiene che “lo stoccaggio a lungo termine di rifiuti radioattivi in condizioni di sicurezza richiede conoscenza profonda e comprensione di tutti questi argomenti se si deve assicurare una appropriata protezione del pubblico e dell’ambiente. Eseguire variazioni in fase di progetto e di costruzione, una volta iniziate tali attività, non potrà superare una selezione iniziale del sito inappropriata.” Gran parte della ricerca di Mitchell si è sviluppata sulle proprietà ed il comportamento dei suoli, sulla base delle interazioni fisiche e chimiche. I suoi studi sono stati usati per mitigare i rischi di collasso del terreno durante i terremoti. Il suo testo “Fundamental of Soil Behaviour”, è diventato il riferimento standard per tutti i corsi di geotecnica negli Stati Uniti. Sostiene ancora Mitchell: “dalle informazioni fornite, appare che il sito di Scanzano Jonico possiede parecchi aspetti che ne fanno una scelta infelice per un deposito di rifiuti radioattivi”. Per l’autorevolezza dello scienziato desta particolare apprensione il fatto che “i rischi potenziali sono così grandi da contrastare con forza lo sviluppo del sito a prescindere da studi ed analisi supplementari”. (26/11/03)




Prof. Benedetto De Vivo, Professore Ordinario di Geochimica Ambientale, Università di Napoli Federico II


“La decisione del Governo Italiano che ha portato all’individuazione delle miniere di sale di Scanzano Jonico quale sito per l’immagazzinamento di scorie radioattive solleva notevoli perplessità.” “Fin dagli anni cinquanta – continua De Vivo - le miniere coltivate nei duomi salini (strutture risultanti dalla risalita di masse saline) sono state considerate negli Stati Uniti adatti per la costruzione di siti permanenti per immagazzinare scorie radioattive. Gli studi sperimentali, per mezzo delle inclusioni fluide, hanno permesso di determinare quanta acqua può venire liberata e messa in movimento quando in tali depositi salini si introduce una fonte di calore esterna, quale è quella derivante dall’immagazzinamento di scorie radioattive. La previsione del comportamento di questi fluidi interstiziali, - aggiunge il Professore - chimicamente altamente reattivi, sotto l’influsso di una fonte di calore, quale è quella derivante dalle scorie radioattive, risulta importante in considerazione dell’effetto corrosivo che essi possono esercitare sui contenitori metallici delle scorie”.
Negli Stati Uniti, sottolinea De Vivo “sono stati valutati, dopo il 1955, i seguenti progetti per l’immagazzinamento delle scorie radioattive: 1) WIPP (Waste Isolation Pilot Plant) nelle formazioni saline del New Mexico e Texas; 2) Hanford nello Stato di Washington; 3) Yucca Mountains nel Nevada. Fra questi tre il privilegiato, inizialmente, era il WIPP per le considerazioni indicate nell’introduzione. Ma le evidenze negative, risultanti in particolare dagli studi effettuati con la tecnica delle inclusioni fluide, hanno fatto considerare come “geologicamente instabili” i siti nelle formazioni saline, portando ad una decisione preliminare di eliminazione dei siti del New Mexico e del Texas per l’immagazzinamento delle scorie radioattive.
Successivamente, anche in considerazione del fatto che nel progetto WIPP era stato speso più di 1 miliardo di dollari, si è deciso di immagazzinare nei siti salini SOLO le scorie a bassa energia. Le scorie ad alta attività non sono ammesse! Le scorie ad alta energia sono state destinate nelle Yucca Mountains (prodotti di fissione, “attivi” da 1.000 a oltre 10.000 anni di vita). Tuttavia l’attivazione del sito delle Yucca Mountains sta subendo dei ritardi in quanto, a seguito di dettagliate ricerche, si sono trovate evidenze dell’esistenza di sismicità in epoche geologiche passate (risultando peraltro la sismicità attuale assente). E’ il caso invece di rimarcare che la Basilicata al contrario è attualmente classificata come una regione sismicamente attiva”. “Nelle procedure proposte – denuncia inoltre il Professore dell’Università Federico II di Napoli - sono disattesi i più importanti criteri, emanati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (IAEA), per scelta di un sito geologico per l’immagazzinamento di scorie radioattive. Ad esempio: la zona non deve essere né sismica né vulcanica; non deve essere vicina a fiumi, laghi o falde acquifere superficiali; non deve essere vicino a centri abitati o in zone dove ragionevolmente si prevede uno sviluppo urbano; non deve essere in montagna o su coste soggetto a frane erosioni, alluvioni; non deve essere in zone dove sono presenti giacimenti petroliferi o di gas”. “Il sito di Scanzano Jonico – conclude De Vivo - è caratterizzato dalla presenza di quasi tutti i sopracitati criteri negativi (ad eccezione della presenza di vulcanismo). Particolarmente grave è la circostanza della presenza di un giacimento metanifero a circa 1 km di distanza dal sito proposto per il sconfinamento delle scorie. Basta solo questa presenza per rendere veramente improponibile il sito per il confinamento delle scorie”. (26/11/03) 

A parte la vivace e ferma opposizione della popolazione locale, la soluzione del deposito unico e sotterraneo in Basilicata non convince dunque neanche la maggioranza degli esperti, che la reputano irrealistica rispetto ai tempi di realizzazione previsti e sovradimensionata rispetto al problema che deve risolvere.


"Dire che si possa realizzare un deposito geologico in sei-sette anni è un nonsenso", dice Piero Risoluti, l'ingegnere che ha diretto fino al 2001 la task force dell'Enea per il sito nazionale dei rifiuti radioattivi. "Il deposito americano denominato Wipp (Waste Isolation Pilot Plant) a cui si rifaceva quello di Scanzano", spiega l'esperto, "ha richiesto 25 anni, tra studi, processo autorizzativo, costruzione e autorizzazione all'esercizio". 
Questo tipo di strutture - ha spiegato Piero Risoluti - servono per immagazzinare grandi quantità di materiale fortemente radioattivo. Al mondo non ne esistono molti esempi proprio perché i diversi paesi che sono interessati a realizzarlo stanno studiando molto dettagIiatamente le caratteristiche fisiche e geologiche dei diversi siti scelti. Si tratta a volte di banchi di argilla o di salgemma, ma anche di granito . Un deposito di questo tipo è quello americano 'WIPP" dove vengono stoccate le scorie nucleari prodotte dall'industria militare. Invece in altri paesi come la Francia e la Germania, impianti del genere sono ancora in fase di studio e di ricerca. Un deposito di profondità - ha detto Risoluti - ha dei costi e dei tempi di realizzazione enormi dell'ordine di venti o trenta anni anche dopo aver individuato il sito. Inoltre vanno bene per quei paesi che hanno un'elevata produzione di scorie ad alta attività che ha cioè un'industria nucleare ancora attiva. Non è questo il caso dell'Italia che invece ha poche scorie di questo tipo e a bassa intensità. 

L'opinione di Tullio Regge in merito alla "questione Scanzano" è presente in un articolo della rivista "Le Scienze" di gennaio 2004 e qui sotto riportata:

"Il Governo ha certamente commesso un grave errore politico: ha infatti tentato di imporre la decisione senza consultare le autorità locali, e non ha informato a tempo debito la popolazione sulle caratteristiche del progetto. E tutto questo ha scatenato una campagna terroristica contro il nucleare orchestrata da demagoghi di ogni genere.
Il sito doveva custodire scorie nucleari vetrificate ad alta attività in uno strato di salgemma sepolto in profondità sotto una coltre di argilla. E questa, a detta degli esperti, sarebbe una sistemazione molto sicura.
Il danno all’immagine di Scanzano come centro turistico e di agricoltura pregiata sarebbe stato in ogni caso reale e rilevante: bastava il chiasso. Sono volate accuse infuocate, ed è tornato ad affacciarsi lo spettro di Chernobyl, d’obbligo in questi casi.
Come abbiamo detto, si trattava invece di ceneri vetrificate. E in questo tipo di scorie non si possono verificare reazioni nucleari e sarebbero state ben custodite in un bunker naturale in cui da tempo immemorabile non è passata acqua. Parole al vento.
Nessuno, neppure tra i Verdi, ha sentito l’obbligo di citare obiezioni sollevate da esperti, come per esempio Pietro Risoluti, dell’Enea, sulle quali sarebbe invece opportuno aprire un dibattito. Al momento esistono, in Italia, solo quattro centrali nucleari, nessuna delle quali è operativa.

L’ammontare di scorie prodotte è molto modesto rispetto a quanto avviene in Francia e in altri paesi europei.
Detto questo, il sito di Scanzano avrebbe comunque richiesto investimenti dell’ordine di alcuni miliardi di euro, perciò è lecito esplorare soluzioni alternative.

La proposta di suddividere le scorie in parti uguali tra le Regioni avrebbe portato al calor bianco la sindrome del NIMBY (Not In My Backyard) e creato decine di Scanzano in tutto il paese. Il meno peggio, al momento, è lasciare le scorie nei siti in superficie in cui sono custodite, certamente meno sicuri ma anche meno costosi di quello di Scanzano. Varrebbe piuttosto la pena di potenziare le misure di sicurezza già esistenti in attesa di soluzioni politiche.

Sul pianeta ci sono deserti vastissimi e spopolati in cui sistemare le scorie, previo accordo internazionale che contempli anche un sostanzioso aiuto ai paesi che le ospitano. Sono favorevole a questa soluzione, purché tutto si svolga alla luce del sole, nella massima sicurezza e nel rispetto dei diritti dei popoli."

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